San Torpè
La leggenda di San Torpè raccontata da un Pisano
di Renato Mariani Pisano
Torpete o Torpè o Torpezio è poco diffuso come antroponimo nei registri dell'anagrafe; lo troviamo invece nel nome di un Santo, di due chiese, di quattro località, di un anonimo pittore e di un vino. Il Santo è ovviamente il San Torpè Pisano; le due chiese sono una a Pisa e l'altra a Genova; le tre località sono Torpè sulle pendici del Monte Nurris in provincia di Nùoro, Saint Tropez in Provence-Côte d'Azur, Praia de São Torpes a Sines villaggio sulla costa a sud di Lisbona e la corte di San Torpè, oggi piazza della Chiesa, a Cascina; il pittore anonimo, con formazione senese, attivo a Pisa agli inizi del Trecento e detto il Maestro di San Torpè proprio in questa chiesa lasciò la sua opera più nota, una Madonna col Bambino su tavola, oggi conservata al Museo di San Matteo; il vino è il Bianco Pisano di San Torpè, DOC dal 2011, prodotto nella sottozona chiantigiana delle Colline Pisane e la confinante piana che giunge sino al fiume Arno. Agiografi e storici non concordano sulla biografia di Torpete, in latino Gaius Silvius Torpetius, e sulla fine dei resti del suo corpo. La maggior parte delle notizie su San Torpè, diffusesi per lo più in periodo medievale, sono riportate in ben 15 pagine degli Acta Sanctorum (vedi De S. Torpete martyre, Pisis in ??truria e anche negli Acta de Sancto Antonio, presbytero eremita, Lu?ae in Italia) e nelle Vite de' Santi e Beati di Silvano Razzi, letterato fiorentino (1527-1611), che, entrato nell'ordine camaldolese, scrisse opere di soggetto religioso (vite di santi, ecc.) e altre di soggetto storico. San Torpè è citato anche nel Il Martirologio Romano, un testo liturgico curato da Cesare Baronio nel XVI secolo e in altri scritti che raccontano la vita dei Santi. Gli Acta Sanctorum sono una raccolta di documenti e dati relativi ai santi della Chiesa iniziata dall'erudito belga Jean Bolland nel XVII secolo della Societas Jesu (Compagnia di Gesù) e proseguita da altri padri gesuiti, chiamati bollandisti. Riporto sinteticamente le notizie scritte nei testi citati, comprese alcune contenute negli Acta Apocrypha, evidenziando quelle comuni negli scritti degli agiografi.
Gaius Silvius Torpetius, pisano (?), era un personaggio importante (legionario romano o cavaliere, o cortigiano) al seguito di Nerone Imperatore in visita alla città di Pisa. Visse al tempo di e forse ascoltò Pietro Apostolo quando nel 44 E.v. sbarcò ad gradum Arni o Arnensis (oggi San Piero a Grado), proveniente dalla Palestina celebrandovi la prima celebrazione eucaristica in Italia, per poi recarsi a Roma. Negli stessi anni San Pietro ebbe contatti con un altro personaggio, Fabius Quintilius, probabilmente originario di Volterra e compagno di Paolo Apostolo. Fabius Quintilius con il nome di Lino sarà il successore di San Pietro ed è ufficialmente riconosciuto il secondo Papa della chiesa di Roma; durante il suo pontificato (dal al 67 al 76) si susseguirono cinque imperatori (Nerone, Servio Sulpicio Galba, Marco Salvio Otone, Aulo Vitellio e Tito Flavio Vespasiano). San Lino è venerato come martire, a causa delle sofferenze subite durante la persecuzione neroniana; ma non è certo che sia stato ucciso. In un anno prima del 68 E.v. nella zona, detta oggi Bagni di Nerone, l'Imperatore aveva fatto costruire un tempio circolare dedicato a Diana, impreziosito da marmi intagliati e da una statua d'oro della Dea sulla facciata. La volta poggiava su grandi pilastri ed era costituita da una lastra di rame con molti fori da cui poteva gocciolare l'acqua come se piovesse. Alcune lumiere erano appese all'interno ed erano spostate seguendo il corso del sole e della luna, rappresentata da uno specchio ornato con gemme luccicanti. I tuoni erano imitati dal rumore di una biga che si muoveva sul tetto. Una tempesta di vento rovinò però l'opera e procurò la caduta della biga nel vicino fiume (Auser); ciò nonostante il 28 di Aprile Nerone ordinò a tutti di adorare la dea Diana, madre degli dei. Torpete, che a Roma si era avvicinato al Cristianesimo, si rifiutò sostenendo che fosse giusto avere un solo dio e non molti idoli. Allora si recò sui monti pisani in cerca di Antonio, eremita cristiano e avvicinatolo gli chiese di esser battezzato. Ricevuto il sacramento, un Angelo apparve a Torpete e gli chiese di essere forte, avvertendolo che presto sarebbe stato con lui in Paradiso. Prima di ritornare a Roma Nerone ordinò al prefetto Satellico di segregare Torpete legandolo nudo ad una colonna e di frustarlo a sangue. Satellico eseguì l'ordine, ma la colonna cadde al suolo uccidendo Satellico e molte guardie. Allora Silvino, figlio di Satellico, prima torturò Torpete alla ruota, poi liberò un leone sperando che lo sbranasse, ma Torpete gli oppose il segno della croce e la belva dopo un primo ruggito morì. A questo punto fu liberato un leopardo che si avvicinò a Torpete solo per leccargli i piedi. Intanto si sviluppò un violento uragano che praticamente distrusse il tempio. Silvino molto adirato ordino alle guardie di condurre Tarpete in riva al mare e decapitarlo. Così fecero mentre Torpete sussurrava "Dominus Deus meus, suscipe spiritum meum". Era il 29 Aprile (ante diem tertium Kalendas Maias). Il corpo, un cane e un gallo furono messi in una barchetta, poi sospinta in balia della corrente. La lex Pompeia, infatti, puniva con la morte l'uccisione del padre o di altri consanguinei e quella dell'imperatore e la lesa maestà; prevedeva anche che il corpo del giustiziato fosse chiuso in un sacco insieme al cadavere di un cane, di un gallo, di una scimmia e di una vipera, e gettato in mare. La barca approdò in Portu Sinus, una località individuata in Francia o in Spagna o anche in Portogallo. L'Angelo del Signore apparve in sogno a Celerina, una matrona ricca e potente, e le chiese di rintracciare sulla riva del mare il corpo del giusto Torpete e di seppellirlo dignitosamente. Di prima mattina, accompagnata da alcuni sacerdoti si recò sulla riva ma non riuscendo a trovare la barchetta invocò l'aiuto di Dio; allora il gallo cantò e Celerina individuò la barchetta dietro uno scoglio. Con molta devozione fece sollevare il santo corpo dalla barchetta e lo fece seppellire. In seguito fece edificare una Chiesa, che fu dedicata all'evento. Dopo la morte di Nerone un suo cortigiano, chiamato Artemio, partì per Sinus, entrò nella chiesa e domandò ai presenti quale Santo fosse venerato in quel luogo. La risposta fu: "Torpes, servo di Dio. Se vuoi ti raccontiamo la sua storia." Artemio che magis litteris eruditus erat scrisse una Passio Torpetis.
Tra le numerose grazie ottenute dai Pisani per intercessione di questo glorioso Santo cito le due più conosciute. Nella seconda metà del XIII secolo Pisa era afflitta da una tremenda siccità, per cui l'Arcivescovo Federico indisse una processione per invocare l'arrivo della pioggia. Quando i fedeli giunsero alla chiesa di Santo Roxore dove era custodita la testa di San Torpè, l'Arcivescovo la prelevò e la immerse nell'acqua del mare. Rapidamente il cielo si annuvolò e iniziò a cadere una pioggia battente. Nell'anno 1630 invece una disastrosa epidemia di peste si propagò a Pisa nel settembre, portata da un procaccia di ritorno da Firenze. Il 29 Aprile del 1633 (stile Pisano) i Pisani ricorsero alle preghiere ed alla intercessione di Torpete. Una processione partì dal Duomo, si fermò nella Chiesa di S. Torpè, ove un Canonico cantò Messa solenne, a cui presenziarono tutti i Magistrati della Città. La giornata scorse senza che "veruno fosse tocco dal male" e l'epidemia cessò.
La chiesa di San Torpè sarebbe stata fondata secondo alcuni da Guido da Caprona tra il 1130 e il 1150 (secondo il Tronci l'anno 1130, secondo il Morrona l'anno 1144), o in base ad un'altra ipotesi più accreditata tra il 1254 e il 1260 dall'arcivescovo Federico Visconti che vi trasferì la reliquia della testa del santo, che fino ad allora era stata conservata nella chiesa di San Rossore nei pressi di Cascine Nuove o in una ipotetica chiesa di San Torpè situata vicino a quella La chiesa in Largo del Parlascio e l'attiguo convento del 1274 appartennero ai Frati Umiliati fino al 1584, poi il complesso passò ai Frati di S. Francesco di Paola, che gestirono gli edifici fino al 1784. In seguito la proprietà appartenne ai Vallombrosani fino al 1808 ed infine ai Certosini. Dal 1818 l'edificio è assegnato ai Carmelitani. Il campanile è del 1821; La facciata a intonaco, con copertura a capanna, è abbellita da una lunetta in pietra serena al centro della quale è inserito il rilievo marmoreo di S. Torpè realizzato dallo scultore contemporaneo Antonio Fascetti. La reliquia è tuttora conservata presso l'altare maggiore della chiesa, dentro un busto d'argento donato dalla famiglia Lanfranchi il 28 aprile 1667.
Questa sarebbe la storia di San Torpè e del culto del Santo che i Pisani ovviamente diffondevano nei luoghi raggiunti dalle navi della grande Repubblica Marinara. Premesso che molti argomenti sono ancora in discussione e oggetto di studio da parte di ricercatori ed esperti, mi permetto però di essere critico su alcuni dettagli degli episodi raccontati dagli agiografi. Non abbiamo certezze sulla venuta di Nerone a Pisa né sulla sua fanatica religiosità. L'episodio del tempio di Diana, riportato anche nel racconto del martirio di Paolino vescovo di Lucca e discepolo di s. Pietro apostolo, di Severo presbitero e di Teobaldo soldato negli Acta SS. Paulini Ep. Severi et Socc., lascia perplessi. Anche l'incertezza del luogo dove si arenò la barchetta con il corpo, un porto talvolta riconosciuto in Francia ma in altre occasioni in Spagna o anche in Portogallo. Ciascuna di queste nazioni lo rivendica. Se la barchetta approdò sulla riva dell'attuale Saint-Tropez si narra che il cane lasciò la barca e si diresse verso Grimaud, porticciolo in fondo al golfo, mentre il gallo si rifugiò in campagna, proprio nel mezzo dei campi di lino, ove fu poi costruito il villaggio, detto Coq en lin (gallo nel lino), che nel tempo diventò Cogolin. Successivamente, i religiosi dell'Abbazia di Saint-Victor di Marsiglia, proprietari di gran parte della penisola, nel 1056 fecero costruire una cappella proprio in ricordo del martire chiamata "Ecclesia Sancti Torpetis", da cui la città di Saint Tropez ha preso il nome. Nel XVII secolo accurate ricerche sono state effettuate due volte al fine di trovare le reliquie del santo, ma senza risultato. Si è concluso che, se fossero realmente esistite, sarebbero andate perdute per sempre. Ai giorni nostri la Eglise de Notre-Dame de l'Assomption, costruita nel XIX secolo in stile barocco italiano conserva all'interno il busto ligneo di San Torpè che è portato in processione dagli abitanti in occasione delle Bravades (dal 16 al 18 Maggio), festeggiamenti del loro glorioso passato militare e della devozione per il loro santo patrono. Anche il Portogallo possiede argomentazioni sul ritrovamento del corpo del Santo. Nicolàs Causino (secolo XVII) nella Corte Divina o Palacio Celestial scrive "...En Sines de obispado de Evora la traslation del cuerpo de San Torpe mayordomo de Neron ..." e a Sines villaggio sulla costa appena a sud di Lisbona c'è la Praia de São Torpes. Anche individuare la località, villaggio o golfo, definita Sino o Sinus o Sines è molto difficoltoso. L'ipotesi di un Sinus in Francia potrebbe derivare dal fatto che "Le nom de Sinus Sambracitanus, donné alors au golfe de Grimaud dove si affaccia anche Saint Tropez (Il nome di Sinus Sambracitanus, dall'antico villaggio Sambracis, poi detto Grimaud). Ma esistono anche altri Sinus in Spagna: 1) Sinus Tarraconensis, lo menciona Estrabon. El golfo que forma el mar desde Torrembarra hasta el Ebro, en enyo trecho está Tarrragona (latina Tarraco); 2) Sinus Sucronensis. El golfo de Valencia desde el Ebro hasta Denia, según lo describió Pomponio Mela. (Il Golfo di Valencia dal fiume Ebro alla città di Denia, come descritto da Pomponio Mela); 3) Sinus Illicitanus. El golfo de Elche (latina Illice). A poca distanza troviamo anche Alicante a est e Cartagena a ovest. Quest'ultima (latina Cartago Nova) è così descritta da Livio nei Ab urbe condita libri CXLII: "Ceterum sita Karthago sic est. Sinus est maris media fere Hispania, maxime Africo vento obpositus, et quingentos passus introrsum retractus, paullulo plus passuum in latitudinem patens : hujus in ostio sinus parva insula objecta ab alto , portum ab omnibus ventis , praeterquam Africo, tutum facit." (Ecco del resto com'è situata Nuova-Cartagine. Ha un seno di mare quasi nel mezzo della costa di Spagna, opposto massimamente al vento Africo, e retratto verso terra cinquecento passi, e largo poco più. All' ingresso di questo una piccola isola, situata di fronte in alto mare, difende il porto da tutti i venti, fuor che dall' Africo); 4) Sinus Urgitanus o Virgitanus. Este golfo de que hace menció n Plinio se extiende desde Aguilas hasta el cabo de Gata ó de las Agatas. (Questo golfo, citato Plinio, si estende da Aquile a Capo Gata o Agatas, cioè il golfo di Almeira). Come curiosità aggiungo che Portosìn in Galizia (sull'Oceano Atlantico) deriva dal nome con cui una presunta città romana esistente presso l'attuale era conosciuta come Portus Sinum o Sinus.
Concludo affermando di nutrire seri dubbi non solo sulla venuta di Nerone a Pisa ma anche sui cosiddetti Bagni di Nerone. Se molti grandiosi edifici, pubblici e privati, furono realizzati al tempo degli imperatori Adriano e Antonino Pio forse le Terme di Porta a Lucca sono attribuibili ad uno di questi Imperatori. Infatti nell'articolo XIII sull'Oplomachia Pisana pubblicato dal giornale dei Letterati (1714) si legge che "... il gioco fosse istituito dall'Imperatore Adriano l'anno di Cristo 119 in cui egli era a Pisa. ... Le Terme che da loro (n.d.r. Autori recenti) si adducono fabbricate in Pisa da Adriano sono da Padre Noris con più fondamento attribuite ad Antonino di cui si trovano memorie in lapide antiche; e dato ancora che vi fossero state la Terme di Adriano ciò tuttavia non mette in essere che Adriano dimorasse in Pisa; ... Con questa occasione l'Autore si ferma a discorrere sopra le antiche Terme Pisane, e pensa non esser elle non state opera di alcuno dei Cesari mentovati, ma bensì de' Pisani medesimi molti secoli avanti l'Imperio Romano" e "... non pare che si possa attribuire a Nerone, della cui venuta a Pisa non v'ha fondamento sicuro, siccome non ve ne ha né meno della predetta edificazione fatta da esso del Tempio di Diana."
I Bagni di Nerone quindi devono il loro nome solo alla tradizione agiografica e, anche se gli Acta de S. Torpete hanno un origine altomedievale, non credo esistano prove storiche che i fatti narrati siano realmente accaduti. Comunque sia, Torpè è un Santo Pisano molto venerato che se non altro ha fatto anche il miracolo di farmi studiare approfonditamente la sua storia.
P.S. Tra i molti errori o bufale inerenti San Torpè ne segnalo uno veramente incredibile. Nel blog di Katia Noventa nel luglio 2014 si legge: Perla della Costa Azzurra, a confine con la Provenza, chiamata Eraclea fino ai primi anni del 1800, è stata ribattezzata St. Tropez dal nome di un ufficiale di Napoleone, decapitato per essersi convertito.