Logo Stile Pisano

Via della Faggiola





Via della Faggiola
in precedenza Via dei Fagiuoli
di Renato Mariani Pisano


        Questo odonimo troppo spesso è scritto negli indirizzi dei pubblici esercizi come via Uguccione della Faggiola. Forse nessuno si era preso la briga di leggere con attenzione le lapidi o i segnali nome‒strada dove Uguccione non è mai inciso o scritto. Non si riesce nemmeno a capire perché, probabilmente nel XX secolo, Fagiuoli, nome di una famiglia, sia stato sostituito con Faggiola, nome di un castello o del frutto commestibile del faggio; non è accettabile che Uguccione fosse sottinteso. Uguccione della Faggiola (di Montecerignone (Casteldelci) o di Faggiuola presso Carpegna o Verghereto) fu un condottiero di grandi capacità che portò Pisa alla vittoria nella battaglia di Montecatini ma probabilmente il suo dispotismo non gli permise di restare a lungo in città e fu cacciato; per questo, forse, non meritò una strada con il suo nome. Questa strada, infatti, in origine era denominata via Fagiuoli o dei Fagiuoli, perché i Fagiuoli erano stati una famiglia pisana, celebre nella storia della giurisprudenza del basso Medioevo, a cominciare da Giovanni Fagiuoli nato a Pisa nel 1223 o 1233, morto nel 1285 o 1286 e sepolto ne Campo Santo. Alcuni componenti della famiglia Fagiuoli sono citati in vari testi, ma la descrizione più ampia la troviamo negli scritti di Raffaello Roncioni e di Angelo Fabroni (1732 Marradi ‒ 1803 Pisa); anche Ferdinando Grassini in Biografia dei Pisani illustri, 1838 alla voce Giovanni Fagiuoli cita un’ampia biografia scritta dal Vernaccini.

        Dalle Istorie Pisane di Roncioni: (le mura) “[…] piegandosi alquanto, passavano allora a canto alla chiesa di san Simone e Giuda apostoli, e di quivi dove erano già le Stinche, ed oggi la compagnia della Carità (via P. Paoli); dal qual luogo movendosi, e giungendo al portico de'Gatti (piazza F Buonamici), a dirittura per via Fagiuoli terminavano sulla riva dell'Ozari, […]” Roncioni nel capitolo “Famiglie Pisane” dà anche un’ampia storia della famiglia e scrive che: Uberto fu presente al giuramento dei mille che nel 1188 promisero pace ai Genovesi e fu fratello di Gerardo e Gerio, Jacopo e di un altro Uberto; Enrico Fagiuoli era citato in una sentenza del 1202; Bernardo, altro dei Fagiuoli, era arbitro pubblico nel 1233; Giovanni Fagiuoli, nato probabilmente intorno al 1233 e morto nel 1286, studiò il diritto a Bologna sotto Giovanni Beneventano ed era il più famoso della famiglia; Gerardo Fagiuoli vien detto figliuolo di un Giovanni, giurisperito (N.d.R. quello nato nel 1233) Roncioni avverte anche che “come probabilmente vi furono in questa casa due Uberti viventi nello stesso tempo; così vi poterono essere tre Giovanni contemporanei” come Giovanni figlio di Gherardo e un altro Giovanni.

        Fabroni nelle Memorie istoriche (Pisa 1790-1792) scrive: “[…] La Città di Pisa, com' è stata in tutti i tempi Madre feconda d' insigni Giurisperiti, così lo fu pure del nostro Giovanni (Fagiuoli); e quanto fosse distinta la Famiglia ond'ei sortì i natali, abbastanza il dimostrano i primi Onori, al godimento de' quali verni' egli ammesso dalla sua Patria: e il conferma la pubblica indelebil memoria, che della stessa Famiglia tuttora serba quella Città nella denominazione d' una delle sue Vie. […] E' noto, che una delle principali strade della Città di Pisa ha avuto fin da tempo immemorabile, e conserva anch' oggi, il nome di Via de’ Fagiuoli. Sia ciò avvenuto, o perché ivi già esistesse l’abitazione della Famiglia Fagiuoli da cui sortì il nostro Giovanni, com' è molto verisimile per le ragioni, che accenneremo nella Nota 53, o per qualunque altro rapporto, che avesse la Famiglia Fagiuoli con quella strada, si potrà, sempre con ragione asserire, che era una delle più distinte in Pisa la Famiglia Fagiuoli, se ebbe onore di dar il nome ad una delle principali strade di quella Città. Lo stesso si raccoglie anche dal prezioso Monumento dell'anno 1188, pubblicato dal Cav. dal Borgo nella Raccolta di scelti Diplomi Pisani pag. 121, ove fra i mille Cittadini Pisani, che allora stipularono la Pace con altrettanti Genovesi, veggonsi registrati: Jacobus Fazeolus ‒ Ubertus frater eius ‒ Gerardus Fazeolus - Gerius Fazeolus.”

        Anche Giacomo Leopardi, che l’ha resa famosa con il suo soggiorno, scrive a Pietro Brighenti il 14 novembre 1827: [...] Io abito in via Fagiuoli, accanto alla casa del Dott. Comandoli (N.d.r. Ranieri), presso il Sig. Soderini: non ti posso dire il numero, perché questa casa non ha numero [...]", confermando il nome della strada. Leopardi giunse a Pisa il 9 novembre ‘27, per sfuggire ai rigori dell’inverno fiorentino, e vi rimase fino al 10 giugno ’28. L’impatto con la città fu straordinariamente positivo: nelle prime settimane di novembre scrisse diverse lettere esprimendo una grande soddisfazione; come nella lettera alla sorella Paolina del 12 dicembre ‘27 da cui è ricavata la frase che leggiamo nella lapide affissa nel 2009 dall’Accademia dei Disuniti sulle spallette del lungarno Pacinotti, di fronte al Caffè dell’Ussero. Il poeta aveva affittato un piccolo appartamento in Via della Faggiola (oggi n.21) nel palazzo Comandoli (N.d.r. dove nel 1880 fu affissa la lapide che ancor oggi vediamo; il testo fu dettato da Alessandro D’Ancona), presso la famiglia di Niccolò Soderini; la sua stanza dava a ponente sopra un orto e la illuminavano due alte finestre dalle quali la vista poteva spingersi fino all'orizzonte. Ogni giorno Leopardi usciva e camminava a lungo; gli piaceva quel clima, vi era "quasi sempre un'aria di primavera". Rientrando suonava il campanello con un tocco particolare che lo annunciava alla famiglia, della quale faceva parte Teresa Lucignani, giovane sorella della padrona di casa. Per quanto non istruita Giacomo ne era affascinato e aveva stabilito con lei un rapporto di amicizia e reciproca simpatia. Teresa, bionda e ricciuta, aveva allora 15 anni e Leopardi 27. Anche la gente diceva che lui era innamorato; perciò la ragazza, vergognosa, appena lui si avvicinava, si allontanava… Probabilmente la bella pisana, che morì a 92 anni nell’Ospizio dei poveri di Pisa, si sostituiva nella fantasia di Giacomo Leopardi con il fanciullesco amore di un’altra ragazza con lo stesso nome, morta di tisi a Recanati nel pieno della giovinezza, Teresa Fattorini, figlia del cocchiere; la troviamo descritta nello Zibaldone del giugno 1928 come “una giovane dai sedici ai diciotto anni, la quale ha nel viso, nei gesti, nella figura un non so che di divino, che niente può agguagliare […]”.

        A Pisa Leopardi mentre lavorava alla Crestomazia poetica (antologia), frequentava i salotti di Sofia Vaccà, di Lauretta Cipriani Parra, di Elena Mastiani Brunacci e di Margaret Mason, irlandese, che abitava nelle vicinanze; trascorreva molto tempo con l’amico professore di eloquenza italiana nella nostra università, Giovanni Rosini che stava scrivendo un romanzo storico, La Monaca di Monza. Storia del secolo XVII, pubblicato da Capurro, Pisa 1829; usciva spesso anche con Esterina Sacchi, che abitava di fronte. Il 2 maggio ’28 scrisse alla sorella: “Io ho finita oramai la Crestomazia poetica: e dopo due anni, ho fatto dei versi quest’aprile; ma versi veramente all’antica, e con quel mio cuore d’una volta”. Si trattava di “Il risorgimento”, scritto dal 7 al 13 aprile del 1828, pubblicato nella prima edizione de “I Canti” del 1831 e di “A Silvia”, scritta tra il 19 e il 20 aprile del 1828, ma in forma definitiva il 29 settembre. Fu “il risorgimento” della poesia leopardiana.


Bibliografia

    Per la bibliografia vedi i riferimenti nella nota.