La Battaglia di Lepanto
La Battaglia di Lepanto
(in greco Ναύπακτος, cittadina sulla costa settentrionale del golfo di Patrasso)
di Renato Mariani Pisano
Cosimo I dei Medici aveva ottenuto due importanti vittorie il 2 agosto (giorno del 257 in cui morì Papa Stefano I) 1537 a Montemurlo contro i fuoriusciti fiorentini ed il 2 agosto 1554 a Scannagallo, contro i senesi. Nel 1561 vuole celebrare queste due vittorie con la creazione di un Ordine cavalleresco a difesa della cristianità, posto pertanto sotto il titolo di Santo Stefano papa. Su richiesta del duca Cosimo il Pontefice Pio IV, con il Breve “His, quae Pro Religionis Propagatione”, del 1 febbraio 1562, confermò l'istituzione dell'Ordine Religioso - Militare, definito Sacro Militare ordine di Santo Stefano papa e martire, per liberare i mari dai Barbareschi. Il successivo 15 marzo, nella Chiesa Primaziale di Pisa, nel corso di una grandiosa cerimonia, il Nunzio Apostolico, mons. Cornaro, consegnò a Cosimo I gli Statuti dell'Ordine, conferendogli altresì il Gran Magistero del "Sacro militare marinaresco dei cavalieri di Santo Stefano", che resterà in vita fino al 1809. A Pisa la piazza dei Cavalieri prende il nome proprio da quest'ordine, così come la chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri.
Le guerre turco-veneziane furono una serie di conflitti che videro contrapposti l'Impero ottomano e la Repubblica di Venezia dal 1463 al 1718 per il controllo del Mediterraneo orientale e degli stati che su di esso si affacciavano. I Veneziani si scontrarono con i Turchi in mare e in terra durante ben sette guerre. Le battaglie navali furono le più importanti. La battaglia di Zonchio (nota anche come la prima battaglia di Lepanto) si svolse nei giorni della seconda quindicina dell’agosto 1499 con la vittoria dei Turchi dell’ammiraglio Kemal Reis. La battaglia di Modone (nota anche come la seconda battaglia di Lepanto) si svolse nei giorni della prima quindicina dell’agosto 1500 con una nuova vittoria dei Turchi. Zonchio era il nome veneziano di un capo costiero tra Navarino/Πύλος, e Modone/Μεθώνη, due località sulla costa occidentale della Morea o Peloponneso.
La battaglia di Lepanto del 1571 fu la terza e la più famosa.
Nel 1570 i Turchi disponevano nel Mediterraneo di una potente flotta comandata da Mehemet Alì Pascià con cui avevano attaccato Cipro (Famagosta), Creta, Zante, Cefalonia, Valona, Durazzo, Scutari, località e isole della Dalmazia fino a Zara e al golfo di Venezia. A giugno il sultano Selim II ordinò che la flotta si fermasse a Lepanto in una piccola baia tra il golfo di Corinto e quello di Patrasso in attesa di rinforzi. La flotta turca era una minaccia permanente per le coste orientali italiane e non solo.
Il 20 maggio 1571 Papa Pio V (Antonio Ghislieri) si era fatto promotore di una Lega Santa, coalizione tra potentati cristiani, per soccorrere la città di Famagosta sull’isola di Cipro, assediata dai Turchi e strenuamente difesa dai veneziani. Il 4 agosto 1571 però fu firmata la capitolazione, le truppe di Mustafà Lala Pascià occuparono l’isola e si abbandonarono a crudeli vendette. Marcantonio Bragadin fu scorticato vivo e con la sua pelle, riempita di paglia, fu fatto un fantoccio innalzato sulla galea di Mustafà insieme alle teste di altri due comandanti veneziani.
I preparativi per organizzare una potente flotta della Lega Santa si protrassero a lungo e la flotta si poté riunire a Messina solo alla fine di agosto, quando un brigantino portò la notizia della caduta di Famagosta (Aμμóχωστος). La flotta cristiana salpò il 16 settembre dirigendosi verso Corfù. Le navi esploratrici confermarono che la flotta turca era nei pressi del golfo di Lepanto. Il 5 ottobre la flotta cristiana si fermò nel golfo di Arta, non lontano dal luogo della battaglia di Azio. Nonostante il maltempo le navi della Lega presero il mare verso Cefalonia, sostandovi brevemente, e giungendo, il 6 ottobre davanti al golfo di Patrasso, nella speranza di intercettare la potente flotta turca e così fu. Il 7 ottobre 1571, domenica, le due flotte erano di fronte in formazione di battaglia.
Forze in campo: a) Flotta della Lega Santa formata da navi del regno di Spagna, delle repubbliche di Venezia e di Genova, dei Cavalieri dell'Ordine pisano di Santo Stefano con le insegne papali, del ducato di Savoia, di Crema, Vicenza, Padova, Bergamo e Brescia, tutte al comando di don Giovanni d'Austria (1547-1578), figlio illegittimo del defunto Imperatore Carlo V e fratellastro del regnante Filippo II; b) Flotta turca al comando di Mehmet Alì Pascià. Non parteciparono invece la Francia e l’Inghilterra.
Della flotta cristiana faceva parte la squadra navale Toscana dell’Ordine Stefaniano sotto le insegne papali formata con 2 galeazze, 12 galee, 2 galeoni d’alto bordo, 6 fregate, 2 brigantini e navi da trasporto. Contava su 2500 rematori, 900 marinai e 100 cavalieri dell’ordine di S. Stefano. La battaglia di Lepanto è considerata la più grande battaglia di navi a remi di tutti i tempi. Vi partecipano 208 galere e 36 vascelli con 34.400 soldati, 12.000 marinai, 1800 cannoni per la Lega e 222 galere e 60 vascelli, 34.000 soldati, 13.000 marinai, 750 cannoni per i turchi.
Marco Tangheroni scrive in suo articolo: “Mentre le flotte si avvicinavano fu inalberato sulla galea del comandante in capo dell’armata cristiana lo stendardo della Lega, offerto da san Pio V, che recava in campo cremisi il Crocifisso con, ai piedi, le armi del Pontefice, di Venezia e della Spagna. Don Giovanni e il comandante pontificio, Marcantonio Colonna, imbarcatisi su due piccoli e veloci legni, percorsero tutto lo schieramento, ricordando la natura divina della causa per cui combattevano e che il Crocifisso era il loro vero comandante. A bordo, i cappellani confessavano e i capitani incitavano; gli equipaggi lanciavano grida di guerra. Un contemporaneo ricorda che nelle galee cristiane «tuttavia si toccavano assiduamente gli tamburi e ogni altra sorte di istrumenti», aggiungendo che esse «vogavano in bellissima ordinanza», cioè stando molto vicine, in modo da impedire la penetrazione di gruppi di navi nemiche. Il mare si calmò improvvisamente, e ciò parve miracoloso agli esperti di mare.” Affiancavano la Real galea la capitana veneziana di Sebastiano Venier, quella pontificia di Marcantonio Colonna, quella genovese di Ettore Spinola, quella sabauda di Andrea Provana di Leinì, quella dei Cavalieri di Malta del priore Piero Giustiniani. L’avanguardia era guidata da Juan de Cardona; l’ala sinistra al comando dell’ammiraglio veneziano Agostino Barbarigo era formata; l’ala destra era al comando dell’ammiraglio genovese Gian Andrea Doria; la retroguardia era guidata da Alvaro de Bazan di Santa Cruz. Le galee dei Cavalieri di S. Stefano erano aggregate a quelle papali.
La flotta ottomana era al comando di Mehmet Alì Pascià che sulla bordo della sua ammiraglia Sultana aveva issato il vessillo di pesante seta verde sul cui era ricamato, a filo d’oro zecchino, 28 mila e 900 volte il nome di Allah. L’ala destra era comandata dall’ammiraglio Mehmet Shoraq; quella sinistra dall’ammiraglio Uluč Alì (Giovanni Dionigi Galeni), di origini calabresi convertito all’Islam e considerato il migliore comandante ottomano; la retroguardia era comandata da Amurat Dragut. La flotta turca era composta da un numero di vascelli superiore a quello dei cristiani.
Giovanni d’Austria aveva programmato di lasciare isolate le poche ma fortissime galeazze veneziane al comando di Antonio e Ambrogio Bragadin camuffate da navi da carico. La galeazza era una potentissima arma navale corazzata, praticamente impossibile da abbordare e capace di fornire una potenza di fuoco impressionante. Quando la flotta ottomana si avvicinò fu investita da un’eccezionale scarica di cannonate che affondarono parecchie navi, ma non accettò il combattimento e si diresse verso il centro dello schieramento cristiano. L’obiettivo era l’abbordaggio della nave di Giovanni d’Austria per tentare di ucciderlo subito, sfruttando la superiorità numerica e il favore di vento. Gli scontri si moltiplicarono su tutta la linea con alterne vicende finché vento improvvisamente cambiò direzione. Allora le galee della Lega puntarono diritto contro la Sultana per un arrembaggio alla nave turca. Giovanni fu ferito ad una gamba; Alì Pascià, già ferito, cade ucciso forse da un’archibugiata o suicida per evitare l’umiliante cattura. Il cadavere dell’ammiraglio ottomano fu decollato e la testa esposta sull’albero maestro dell’ammiraglia spagnola. La visione del condottiero ottomano decapitato contribuì enormemente a demolire il morale dei Turchi. Di lì a poco, infatti, alle quattro del pomeriggio, le navi ottomane rimaste, abbandonarono il campo, ritirandosi definitivamente. Erano trascorse quasi cinque ore quando la battaglia ebbe termine con una vittoria, che segnò l'inizio della decadenza marittima ottomana. Oltre 45.000 fu il totale dei morti e dei feriti. Ancora oggi non sono completamente chiariti, e probabilmente mai lo saranno, gli episodi o le cause che portarono alla vittoria della flotta cristiana, anche se all’epoca fu attribuita all’intercessione della Madonna, dato che gli ammiragli cristiani avevano fatto recitare il Rosario ai propri uomini durante la navigazione, come aveva raccomandato il papa stesso, un papa domenicano, che per primo a incoraggiò e raccomandò ufficialmente la recita del Rosario, che in breve tempo divenne la preghiera popolare per eccellenza. In ricordo della vittoria riportata a Lepanto Pio V ordinò per il 7 ottobre di ogni anno una festa in onore della Vergine delle Vittorie, (inizialmente detta di S. Maria della Vittoria), titolo cambiato poi da Gregorio XIII in quello di Madonna del Rosario. La celebrazione venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata definitivamente al 7 ottobre da Pio X nel 1913. Pio V fu proclamato santo da Clemente XI il 22 maggio del 1712. La Lega fu sciolta alla firma del trattato di pace tra Venezia e l'Impero ottomano nel 1573.
Con il nome di Stendardo di Lepanto sono noti due vessilli, benedetti da Papa Pio V, issati sulla flotta cristiana, a protezione della Lega Santa. Un vessillo benedetto dal papa fu consegnato del cardinale Onorato Caetani a Marcantonio Colonna nel giugno 1570, quando radunò la flotta pontificia a Gaeta prima di ricongiungersi con gli altri a Messina. Era stato realizzato dal pittore Girolamo Siciolante da Sermoneta Lo stendardo, realizzato con la tecnica della pittura a tempera su seta pregiata, era a sfondo rosso con bordatura in oro, rappresentava Gesù crocifisso tra S. Pietro e S. Paolo e la scritta “IN HOC SIGNO VINCES” dipinta su entrambe le facce e aveva una lunga coda (circa otto metri), eliminata nei secoli seguenti. Fu issato sull’albero poppiero della nave ammiraglia, pendente sul mare fin quasi a lambire le onde. L’aspetto originale è noto da vari dipinti ed affreschi coevi, in cui i pittori si avvalsero delle descrizioni di testimoni oculari. Nel Duomo di Gaeta il Colonna fece voto a S. Erasmo (patrono dei marinai) di fargli omaggio del sacro stendardo se fosse tornato vincitore dalla missione. Dopo averlo fatta sfilare per le vie di Roma, lo riportò a Gaeta, deponendolo ai piedi del santo. Conservato dapprima in un bauletto, nel Settecento fu disteso e incorniciato, così da poter essere esposto al pubblico. Nel 1943 una bomba tedesca lo danneggiò, ma non irreparabilmente e fu restaurato nel dopoguerra. Ai giorni nostri lo Stendardo di Lepanto è conservato e visibile nel museo diocesano della cittadina laziale.
Il 13 agosto dello stesso anno a Messina nella chiesa di Santa Chiara il cardinale Antoine Perrenot de Granvelle consegnò a Giovanni d'Austria, che avrebbe avuto il comando della Lega, un secondo stendardo da parte di Pio V. Molti altri cimeli sono sparsi per l’Italia, ad esempio a Rivalta (TO) nel castello Zanardi Landi e ad Amelia (TR) nella cappella di S. Bartolomeo della Cattedrale. Papa Paolo VI restituì ai turchi il vessillo verde che Mehmet Alì Pascià aveva issato sulla sua ammiraglia, la Sultana. Furono i veneziani ad arrembare la Sultana, impossessandosi del vessillo che dopo la vittoria Sebastiano Venier trascinò, assicurato alla poppa della sua Capitana di Venezia, nelle acque del bacino di San Marco per farne successivamente omaggio a Pio V.
Il 7 ottobre di ogni anno la Chiesa Cattolica celebra la festa della Madonna del Rosario, lo stesso giorno in cui cade l'anniversario della battaglia di Lepanto. Questa solennità, dedicata alla Vergine Maria, fu istituita proprio da Papa Pio V, che aveva trascorso le ore della battaglia in preghiera dinanzi all’effigie della Madonna della Salute, nella Chiesa di Santa Maria Maddalena.
Nella Chiesa e nel Museo di S. Stefano de’ Cavalieri a Pisa troviamo una delle più grandi raccolte di insegne navali "turchesche" integre e in frammenti; tra i cimeli affissi sulle pareti della chiesa è anche la fiamma di combattimento (Triangolare di color rosso magenta) della nave ammiraglia turca conquistata a Lepanto dai cavalieri pisani delle galee “Capitana” e “Grifona” dopo un furioso combattimento. Le altre navi da combattimento avevano questi nomi: Patrona, Fiorenza, S. Maria, Toscana, Vittoria, Pisana, Pace, S. Giovanni, Elbigina, Siena, Sovrana, Sirena.
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