Armi e Armature della Repubblica Pisana
Evoluzione delle Armi e Armature della Repubblica di Pisa durante la sua storia
Articolo scritto a cura dei Soci dell’Associazione "PISA GHIBELLINA"
Trattare un argomento tale in poche righe e renderlo esaustivo, di per se è un’impresa titanica, se poi si vuole, come in questo caso, riferirlo ad una particolare situazione geografica come quella di Pisa al tempo della sua storia indipendente, diventa quasi impossibile, dal momento che le fonti iconografiche e documentali sono piuttosto scarse. Nonostante ciò si cercherà, per quanto possibile, di dare al lettore un’idea di massima delle armi e delle armature che è ragionevole ipotizzare usassero i nostri antenati, aiutandosi con le fonti coeve di altre realtà, limitrofe ed europee.
Prima di trattare l’argomento nello specifico è necessario dare una panoramica sulla realtà socio-militare che caratterizzava lo “stato Pisano” ed in genere l’Italia dal basso medioevo fino all’età rinascimentale.
A differenza di quelle europee, le fanterie comunali italiane si addestravano alla guerra e non erano costituite da contadini inesperti tolti dai campi per supportare la cavalleria come negli eserciti medievali europei.
In Italia, si ritiene che nella coscienza dei cittadini comunali, fosse ancora fortemente presente sia il senso dello stato, che caratterizzava la società romana, sia le sue tradizioni e di conseguenza il sistema militare romano; sistema in cui i cittadini dovevano addestrarsi al combattimento per difendere la patria in caso di mobilitazione.
Quanto affermato è tanto più vero se si considera che in Italia, a differenza che del resto d’Europa, il feudalesimo non riuscì ad attecchire, se non in forme molto diluite, e questo perché oltre al forte sentimento civico che doveva caratterizzare il cittadino comunale, la realtà della penisola italiana era costituita dall’esistenza di molte grandi città tutte di origine romana, che conservarono le istituzioni civiche del sistema statale romano e che permise loro di ergersi quali comuni indipendenti, richia-mandosi, chi più chi meno, alle leggi e alla tradizione romana.
Durante il XII e XIII secolo la maggior differenza che pare distinguesse Pisa, nell’organizzazione e della composizione dell’esercito comunale rispetto a quello coevo di altre città toscane, consisteva nel modo di “reclutamento” degli uomini che avrebbero dovuto costituire l’esercito comunale; mentre a Firenze e Siena esisteva una sorta di leva militare, probabilmente di romana memoria, a Pisa, caso abbastanza anomalo nel panorama italiano dell’epoca, esisteva una sorta di vincolo feudale, simile per taluni aspetti alle realtà europee.
Se si considera l’anno 1260 e si prendendo in esame i casi di Siena e Firenze dalla fonte storica de “il Libro di Montaperti”, in queste due città comunali esisteva una sorta di leva militare, per la quale, tutti i cittadini in salute e quindi atti alle armi tra i 15 anni e i 55 anni (si parla anche di 70 anni), erano tenuti a presentarsi con cadenza periodica al proprio capitano di Terziere a Siena e Sestiere a Firenze per addestrarsi al combattimento seguendo sicuramente, come una sorta di manuale d’addestramento, l’epitoma rei militaris di Vegezio del IV secolo d.C.; testo riguardante le legioni romane del tardo impero e conosciutissimo nel medioevo.
Una parte fondamentale dell’addestramento delle milizie comunali erano gli scontri tra “societas”, associazioni per lo più a carattere economico o come raggruppamento militare di cittadini in cui era divisa la popolazione maschile di ogni Sestiere o Terziere. Tali scontri in genere privi di armi d’offesa prendevano spesso la forma di “battaglie di sassi” o “sassaiole”, caso emblematico la Firenze del XIII secolo.
A Pisa invece assunsero la forma del gioco del Mazza Scudo, veri e propri scontri in cui i cittadini atti alle armi si suddividevano nelle fazioni del Gallo e della Gazza e si affrontavano in armatura ma armati di uno scudo e una mazza per non uccidere gli avversari. In questi confronti si studiavano le tattiche ci si addestrava al combattimento in formazione usando tattiche militari, aggiramenti sul fianco ecc., con lo scopo di sconfiggere la parte avversa e quindi prevalere.
A Pisa, a differenza delle altre realtà toscane sopradescritte, poiché l’inurbamento delle famiglie nobili, di origine perlopiù longobarda, fu volontario, coesistevano all’interno di ogni quartiere, delle “associazioni” di famiglie dette consorterie familiari al cui vertice stava la famiglia più importante; tali consorterie erano regolate da vincoli di parentela e di stampo simil-feudale, legando tra loro, in maniera più o meno stretta, quasi tutti i cittadini che abitavano nei singoli quartieri.
Le consorterie inoltre grazie a questa particolare forma di convivenza, avevano a disposizione un serbatoio di uomini atti alle armi, che venivano legati al capostipite della famiglia che governava sul quartiere, tramite legami di stampo feudale appunto; questo garantiva che gli armigeri venissero dotati degli equipaggiamenti migliori e ricevessero un addestramento tale da renderli delle truppe professionali d’elitè.
Durante il periodo di pace questi corpi militari, di provata fede, svolgevano funzioni di controllo di ordine interno, con compiti simili a quelli che oggi ha la Polizia di Stato, mentre durante i periodi di guerra venivano mobilitati, indossando le cotte rosse che contraddistinguevano il comune di Pisa, per sostenere le guerre che Pisa decideva di portare o che gli erano portate dai vicini.
Si venivano quindi a creare all’interno del tessuto socio-militare pisano delle realtà a carattere feudale in cui i vincoli di vassallaggio coesistevano e si integravano con i doveri dei cittadini verso la patria, di romana memoria. Questa situazione, che valeva anche per la flotta pisana, vedeva le varie famiglie fornire allo stato pisano, uomini e mezzi per costituire la flotta e l’esercito che dovevano sostenere i diritti e le mire espansionistiche del comune di Pisa.
È storicamente accertato infatti che la flotta pisana era, al pari di quella delle altre marinerie, genovese e veneziana, costituita da galee costruite, appartenenti e fornite dalle varie famiglie commerciali Pisane, che concorrevano tra loro per motivi economici e di prestigio a fornire il maggior numero di mezzi. Allo stesso modo i quadri dell’esercito comunale erano costituiti dai seguiti delle varie consorterie, perlopiù di origine longobarda che governavano nei quartieri.
In questa maniera è possibile ritenere che sia l’esercito che la flotta pisana fossero costituiti da corpi d’elité fortemente addestrati che compensavano il numero, con una maggior qualità dei combattenti, contrapponendo agli eserciti di “leva” delle altre città limitrofe, un esercito professionale dotato di migliori equipaggiamenti e molto bene addestrato.
Dal momento che la città di Pisa ebbe sempre forti legami con l’impero romano, a maggior ragione di altre, si poteva considerare (ed era considerata) come la degna erede della tradizione romana e come la novella Roma; perciò è naturale ritenere che la civitas pisana fin dagli albori si rifacesse all’organizzazione militare romana anche se frammista, per il reclutamento, ai vincoli feudali di origine longobarda. Una testimonianza indiretta di ciò viene dalla cronaca di parte genovese, della battaglia della Meloria del 6 agosto 1284, dove si descrivono le cause della sconfitta e del gran numero di morti pisani; la motivazione principale era dovuta alla tipologia di navi che i Pisani contrapposero ai genovesi, navi di concezione antiquata, pesanti e poco manovriere simili ai dromoni bizantini (molto simili alle navi romane), contro le più veloci e agili galee sottili genovesi.
I Pisani inoltre, sempre come si legge sulle cronache, erano pesantemente armati, testimonianza che spinge a ritenere che essi conducessero la guerra in mare con modalità simili a quelle romane, cioè con abbordaggi tramite speronamento delle navi avversarie, non con lo scopo di affondarle bensì di creare con il loro incastro, piattaforme stabili sul mare come sulla terra che permettessero lo scontro corpo a corpo ed in formazione. I genovesi al contrario erano sprovvisti di armature, cosicché in caso di affondamento riuscirono a salvarsi non essendo tirati a fondo dalle armature.
In definitiva è possibile con ragionevole certezza ritenere che il nerbo cittadino delle forze militari pisane era costituito da uomini d’arme pesantemente corazzati, il cui costo in equipaggiamento giustifica la tesi di elementi specializzati nel combattimento.
L’esercito della repubblica Pisana era costituito da “corpi d’elite” armati nel miglior modo possibile e ben pratici del combattimento.
Gli anni successivi al primo quarto del 1300 la situazione militare pisana si involve cominciando a prevalere l’idea di assumere compagnie di ventura per sostituire le milizie cittadine.
I vari casi verranno di volta in volta discussi nel capitolo che si occuperà specificatamente degli equipaggiamenti militari dei Pisani attraverso i secoli.
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Ass. degli Amici di Pisa La storia di Pisa nelle Celebrazioni del “6 agosto”
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Tribolati Scritti araldici e cavallereschi
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D. Nicolle Italian militiaman 1260-1392
D. Nicolle Knight of Outremer 1187-1344
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H. Nicholson Knight Templar 1120-1312
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La bibliografia comprende libri che vanno da inizio ‘900 fino al 2016.
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