Galileo Galilei
15 Febbraio: nasce a Pisa Galileo Galilei
di Renato Mariani Pisano e Federico Bonucci
Vincenzo Galilei, nato il 3 aprile del 1520 a Santa Maria a Monte, il 5 luglio 1562 innanzi al notaio ser Benedetto di Andrea Bellavita sposò Giulia Ammannati, di origine pesciatina. Giulia portava una dote di cento scudi oltre all’impegno del fratello Leone di sostenere il vitto e l'alloggio dei coniugi per un anno. Vincenzo il 9 luglio 1563 aveva preso in locazione da Giuseppe Bocca un’abitazione sull’angolo di via Mercanti e Borgo e afferente alla parrocchia di San Michele a Pisa. Non sappiamo, però, se nel febbraio 1564 la sua famiglia avesse rinunciato anticipatamente ad abitare la casa Bocca in locazione fino al 31 agosto 1564. La casa era grande e dignitosa: tre piani, una chiostra con pozzo, una bottega e alcune pertinenze. Vincenzo virtuoso di liuto e di viola e compositore di musica polifonica (madrigali), accanto ai proventi della scuola di musica, praticava probabilmente al piano terreno di via Mercanti (negozio Principe n. 41) il commercio di tessuti. Comunque Galileo Galilei nacque il 15 febbraio del 1564; a lui seguirono Virginia (1573), Michelangelo (1575), Livia (1578) e forse altri fratelli nati morti. Genitori e parenti (la zia Dorotea, la nonna materna Lucrezia, lo zio Leone) pensavano di dare al neonato il nome Galileo, come risulta dal libro dei battesimi conservato al Duomo di Pisa, ma un delegato del capitolo il giorno 19 aveva redatto l’atto di battesimo con una dizione incompleta del luogo dove il battesimo avvenne, cioè "in Chapella di S.to Andrea". Questa frase è stata per secoli il rompicapo di storici e cittadini Pisani. A Pisa esisteva la Cappella di Sant’Andrea in Kinzica, adiacente all'attuale Fortezza Sangallo. Da qui una prima ipotesi della nascita di Galileo "in Fortezza", perché il padre di Galileo era un uomo d'arme. Nel 1864, in occasione del tricentenario della nascita fu apposta una prima lapide commemorativa, ora andata dispersa. Successivamente fu accertato che il padre di Galileo non era uomo d'arme, bensì un valente musicista. Nel tricentenario della morte di Galileo fu individuato come casa natale di Galileo il palazzo Bocca ed oggi è ancora visibile una seconda lapide che ricorda l’evento, affissa nel 1942. Nel 1965 Giorgio Del Guerra, invece, in base al battesimo nella parrocchia di Sant'Andrea Fuoriporta ipotizzò giustamente che Galileo fosse nato in casa degli zii Ammannati, dove esiste una terza lapide in Via Giusti nn.24 e 26, nei pressi della chiesa di S. Andrea Fuoriporta. Dal 1588 Vincenzo Galilei e Giuseppe Bocca erano membri dell'Accademia degli Svegliati di Corliano, accademia neoplatonica che si opponeva alla cultura (dogmatica) aristotelica. Giuseppe, era fratello di Ranieri Bocca, glossatore (commentatore) dei costituti (normative) Pisani e vice esattore della Camera Apostolica nelle diocesi di Pisa, e di Antonino Bocca, colonnello di Cosimo I durante il conflitto con Siena e gli Strozzi; era anche consuocero di Jacopo della Seta Gaetani e di Laura Lanfranchi e cognato di Pietro Angeli da Barga, detto il Bargeo, fondatore della Accademia Bargea e principe della Accademia degli Svegliati di Pisa. Fu in questo ambiente culturale che Vincenzo Galilei conobbe Pietro Angeli ed ebbe possibilità di instaurare rapporti di amicizia con Girolamo Mei, inventore dello stile musicale barocco, e con il musicologo tedesco Giovanni Caselio, che permise ad uno dei fratelli di Galileo, Michelangelo, di diventare maestro di musica alla corte di Polonia. Pochi anni dopo la nascita di Galileo, Vincenzo lasciò la famiglia a Pisa sotto la tutela dell’amico Muzio Tedaldi, e si trasferì a Firenze per motivi professionali. Dal 1569 Galileo ebbe la prima istruzione elementare presso la scuola pubblica della comunità di Pisa e potremmo allora immaginare che il giovane si sia formato ed abbia frequentato, fino alla morte del padre e dopo, l’ambiente intellettuale dell'Accademia degli Svegliati, provando quelle curiosità e sollecitazioni, che hanno reso possibile la nascita del pensiero scientifico moderno. Verso la fine del 1574 Galileo, per ricongiungersi al padre, si trasferì a Firenze dove proseguì gli studi nelle scuole monastiche e come autodidatta. Nel mese di settembre 1580 Galileo tornò nuovamente a Pisa, per immatricolarsi al corso di arti dell’Università, cioè studente in medicina e filosofia, materie ritenute dal padre un mezzo d'innalzamento economico. Abbandonata nel 1585 l'università, senza conseguire alcun titolo, ma con importanti nozioni matematiche trasmessegli da Ostilio Ricci, membro dell'Accademia fiorentina del Disegno, ritornò a Firenze. Risalgono a questo periodo i suoi primi scritti scientifici, ma anche trattati letterari, che gli procurarono l’ingresso nella Crusca: i frammenti “Theoremata circa centrum gravitatis solidorum”, sulla determinazione dei baricentri; il breve trattato La Bilancetta (1586), progetto di una bilancia idrostatica per la determinazione della densità dei corpi e le due lezioni “Circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno” (1588) e il “Capitolo contro il portar la toga” (1589), ribellione all’obbligo di indossare la toga per un “dottore”.
Negli anni seguenti gli scritti e le scoperte scientifiche e astronomiche del Galilei non si contano, a cominciare dal perfezionamento del cannocchiale. Sarebbe perciò arduo descrivere la sua biografia che in questa nota è raccontata sinteticamente. Nel 1589, gli venne assegnata la cattedra di matematica a Pisa e nel 1592 la cattedra di matematica a Padova. Nelle due università le sue lezioni riguardavano argomenti dalla fisica alla cosmologia e all’architettura. Galileo era anche membro attivo di accademie e circoli culturali, non solo Pisani, fiorentini e padovani, ma anche veneziani. Stabilì infatti una relazione sentimentale con Marina Gamba, veneziana, dalla quale ebbe tre figli: Virginia (1600), Livia (1601) e Vincenzo (1606).), senza però contrarre con la donna regolare matrimonio. Il 10 luglio 1610 Cosimo II Granduca di Toscana nominò Galileo, a vita, matematico primario dello Studio di Pisa (senza obbligo d'insegnamento) e matematico e filosofo granducale per la fama acquisita negli anni del soggiorno Pisano e padovano, con la costruzione di strumenti come il compasso, il termoscopio e soprattutto il telescopio, che rese possibili le nuove scoperte celesti, illustrate proprio a Pisa, sulla Torre della Verga d’Oro, davanti alla famiglia granducale. Dopo lunghi studi dei corpi celesti, Galileo pubblicò a Venezia il “Sidereus Nuncius”, dedicato a Cosimo II, che lo protesse e lo favorì in ogni modo. I satelliti di Giove furono detti, in suo onore, "stelle medicee".
Nel 1611 Galileo chiese e ottenne dal Granduca il permesso di recarsi a Roma per illustrare di persona i suoi studi agli scienziati gesuiti del Collegio Romano. Galileo fu ospite dell’ambasciatore fiorentino Giovanni Niccolini, fu ricevuto da papa Paolo V (Camillo Borghese) e fu accolto con tutti gli onori nell’Accademia dei Lincei. Le polemiche sulle teorie che Galileo illustrava anche nei suoi scritti, nel campo della fisica e della cosmologia (le macchie solari) però furono molte a Roma e continuarono a Firenze. Le tesi aristoteliche e tolemaiche cominciavano a vacillare!
Alla fine del 1613 Galileo espose la sua posizione in riferimento a teorie scientifiche e testi sacri in una lettera inviata a Benedetto Castelli (collaboratore di Galileo, professore ordinario all'università di Pisa nel 1613, esperto di idraulica e infine nel 1625, chiamato dal Papa Urbano VIII, Maffeo Barberini, come professore alla Sapienza di Roma). Il testo della lettera cominciò a circolare finché arrivò alla Congregazione dell’Indice e alla Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione o Sant'Uffizio. Nel 1615 G. presentò la sua teoria eliocentrica a Roma; il risultato fu un esame minuzioso dello scritto da parte del Santo Uffizio e la condanna di alcune frasi del testo che preannunciava il “Dialogo”. Di conseguenza il primo marzo 1616 in una seduta, svoltasi nel palazzo del cardinale Roberto Bellarmino, la Congregazione dell’Indice emise il proprio verdetto in cui si dichiarava falsa, ma non eretica la teoria eliocentrica; Galileo se la cavò con un’ammonizione verbale del cardinale. Tornato a Firenze praticamente umiliato, cercò casa in campagna, affittando una villa sulla collina di Bellosguardo, nei pressi del convento di San Matteo in Arcetri, dove vivevano le due sue figlie monache (Virginia, suor Maria Celeste e Livia, suor Arcangela). Nel 1618 scrisse il “Discorso sulle comete” sotto il nome del suo allievo Mario Guiducci, nel 1619 la “Libra (bilancia) astronomica ac philosophica”, nel 1623 il “Saggiatore” e nel 1630 completò il Dialogo, un confronto del sistema tolemaico con quello copernicano scritto in volgare. Purtroppo nell’agosto morì Federico Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei, e Galileo perse uno dei suoi punti di riferimento. Nel 1631 affittò la villa, detta “Il Gioiello” sul piano dei Giullari ad Arcetri. Nel 1632 a Firenze, dedicato al nuovo Granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici che come il padre fu sempre vicino allo scienziato Pisano, fu pubblicato il Dialogo, dove proprio nella prima pagina leggiamo: “[...] nei congressi di quattro giornate si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, proponendo indeterminatamente le ragioni filosofiche e naturali, tanto per l’una, quanto per l’altra parte”.
Dopo la serie di vicissitudini inerenti l’autorizzazione (imprimatur) e la stampa del Dialogo anche a Roma, il domenicano Tommaso Campanella avvisò Galileo che stava per riunirsi una commissione di “theologi irati”, formato dai membri di vari ordini religiosi, col compito di esaminarne scrupolosamente il testo. Il documento finale conteneva un dettagliato elenco di colpe. Fu dato l’ordine di rintracciare e sequestrare le poche copie del Dialogo in circolazione e dal Sant’Uffizio fu promosso un processo inquisitoriale; a Galileo, vecchio e malaticcio, fu dato un mese di tempo per presentarsi a Roma il 13 febbraio 1633, accusato di aver trasgredito ad un ordine formale del Santo Uffizio emesso nel primo processo del 1616. L’invio di referti medici per evitare il processo non fu sufficiente e il Sant’Uffizio minacciò di inviare a Firenze medici e funzionari per condurlo alle carceri inquisitoriali “legato anco con ferri”. Galileo partì per Roma e si presentò davanti al Santo Uffizio, non una, ma tre volte nell’arco di circa un mese durante il quale visse recluso. Avvolto in una tunica bianca, simbolo di penitenza, e genuflesso in segno di umiliazione di fronte ai cardinali del Sant’Uffizio che addirittura bruciarono una copia del Dialogo, Galileo fu convinto a riconoscere il suo errore (sic!) e fu giudicato colpevole di aver trasgredito agli ordini della Chiesa. La mattina del 22 giugno 1633 fu condotto in una sala del convento di Santa Maria sopra Minerva e dovette assistere inginocchiato alla lettura della sentenza che lo condannava all'incarcerazione, pur avendo formalmente ritrattato le sue “false e errate” teorie. Questo il finale dell’abiura: “[...] Giuro anco e prometto d'adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo S. Off.o imposte; e contravenendo ad alcuna delle dette mie promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da' sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m'aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani. Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633. Io, Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria.”
Sara Bonechi nella sua Biografia in breve di Galileo Galilei scrive: “[...] Galileo fu costretto a rinnegare non una fede, ma una verità, faticosamente conquistata col lavoro di un’intera vita, sconfitto su tutta la linea nella sua isolata e pervicace battaglia per l’indipendenza della ricerca scientifica. Al di là delle vendette e dei rancori personali, che pur vi ebbero un peso enorme, fra gli anatemi del papa e le congiure dei Gesuiti, la condanna di Galileo per sospetto di eresia e l’abiura delle sue convinzioni scientifiche creavano un precedente: da quel momento la Chiesa arrogava a sé il diritto di legiferare in materie estranee alle questioni di fede e sanciva la supremazia dei testi sacri e della loro interpretazione teologica su qualsiasi altra fonte di sapere. [...]”. La condanna fu poi commutata in residenza coatta prima nella villa Medici, poi nel palazzo arcivescovile in Siena, dove Galileo trascorse alcuni mesi. Nel dicembre poté ritornare ad Arcetri. Studiando e scrivendo, trascorse gli ultimi anni della sua vita in stato di dimora vigilata. Divenne cieco nel 1638. Morì ad Arcetri l'8 gennaio 1642, assistito dal suo discepolo e futuro biografo Vincenzo Viviani. Galileo fu sepolto in un locale sottostante il campanile della Basilica di Santa Croce perché la prevista sepoltura monumentale fu vietata dal papato. Al processo seguì il divieto di rilasciare pareri favorevoli alla stampa di qualsiasi scritto di Galileo; divieto che, imposto dal Sant’Uffizio a tutti gli Inquisitori, fu osservato solo in Italia, mentre all’estero si moltiplicavano traduzioni e ristampe.
Il12 marzo 1737 i resti mortali di Galileo e di Viviani, insieme a un terzo corpo di donna, probabilmente l'amata figlia di Galileo, suor Maria Celeste, furono traslati in processione dal luogo della prima sepoltura al nuovo sepolcro. L'impianto scultoreo presenta un apparato iconografico che allude alle maggiori intuizioni dello scienziato Pisano. Ai lati dell'urna si trovano la statua della Geometria, scolpita da Girolamo Ticciati, che celebra le ricerche galileiane sul piano inclinato e sulla caduta dei gravi, e quella dell'Astronomia, opera di Vincenzo Foggini, che mostra la scoperta galileiana delle macchie solari. Il sepolcro è sovrastato dal busto di Galileo con in mano il cannocchiale. Il monumento presenta, in alto, lo stemma della famiglia Galilei.
Galileo è stato ed è il genio per eccellenza, conosciuto, studiato e celebrato in tutto il mondo. Tutti lo ricordano come il fondatore della scienza moderna: fisico, matematico, astronomo e filosofo, ideatore del Metodo Scientifico; ha legato il proprio nome a importanti scoperte e contributi in questi settori della scienza, rivoluzionando l'astronomia e sostenendo eliocentrismo e teoria copernicana e ribaltando la filosofia aristotelica. Famosa la scoperta della legge dell'isocronismo del pendolo, che secondo la tradizione lo scienziato Pisano avrebbe compiuto all'interno della Cattedrale, osservando l'oscillazione di una lampada appesa al soffitto. Questo lampadario tuttora presente in Duomo e passato alla storia come Lampada di Galileo, in realtà fu realizzato alcuni anni dopo tale scoperta. La lampada che avrebbe ispirato Galileo, molto più piccola e semplice, è conservata nella Cappella Aulla del Campo Santo Monumentale. Ancor più celebri e riproposti più volte sono gli studi sulle leggi del moto (caduta dei gravi), che tradizione vuole siano stati effettuati dalla sommità del Campanile Pendente, anche se è una leggenda, e del piano inclinato.
La riabilitazione dello scienziato da parte della Chiesa Cattolica iniziò solo nel 1822, 180 anni dopo la sua morte, quando tutte le opere sul sistema copernicano furono tolte dall’Indice. Nel discorso del 22 settembre 1989 a Pisa in Ponte di Mezzo, durante la Luminara straordinaria, Papa Giovanni Paolo II gettò le basi per una riabilitazione piena di Galileo -che avverrà nel 1992- dicendo di lui: “Qui (N.d.r. a Pisa) è la fede, è la carità, è la pietà che parlano attraverso le forme, le figure, le pietre stesse, lavorate sapientemente dall’uomo. Ma in questa città non solo l’arte ha trovato accoglienza privilegiata: tante altre espressioni dell’intelligenza e dell’ingegno umano hanno lasciato testimonianze singolari. Come non ricordare almeno il nome di quel grande, che qui ebbe i natali e da qui mosse i primi passi verso una fama imperitura? Galileo Galilei, dico, la cui opera scientifica, improvvidamente osteggiata agli inizi, è ora da tutti riconosciuta come una tappa essenziale nella metodologia della ricerca e, in generale, nel cammino verso la conoscenza del mondo della natura.” Il 3 luglio 1981 fu istituita un’apposita “commissione di studio” che nella relazione finale del 31 ottobre 1992, ammise che la condanna del 1633 fu ingiusta, per un’indebita commistione di teologia e cosmologia pseudo-scientifica ed arretrata, ma giustificata perché Galileo sosteneva una teoria radicalmente rivoluzionaria senza fornire prove scientifiche sufficienti a permettere l’approvazione delle sue tesi da parte della Chiesa.
Nel tempo Pisa ha dedicato a Galileo un Lungarno nel centro storico, il Liceo classico e l'Aeroporto; solo nel 2009 una statua donata da un collezionista Pisano, anche se esiste dal 1838 una precedente statua dello scultore livornese Paolo Emilio Demi, conservata nei locali della Sapienza; due istituzioni, la Fondazione Galileo, nell’area della Cittadella con annesso il Museo degli Strumenti per il Calcolo e la Domus Galilaeana di via Santa Maria, situata nell’edificio già sede della Specola, dove si trovano tutte le pubblicazioni antiche e moderne su Galileo, un fornitissimo archivio e un'importante biblioteca specializzata sulla storia della scienza.
Bibliografia e siti internet
Portale Galileo
Racconto istorico della vita di Galileo di Vincenzo Viviani, 1654;
Biografia di Galileo Galilei su Treccani;
Mi fan patir costoro il grande stento... Biografia in breve di Galileo Galilei di Sara Bonechi, Firenze, 2008;
Biografia di Galileo Galilei su Biografie on line;
Il processo, la condanna e la riabilitazione su Astronomia.com;
Giorgio del Guerra, La casa dove, in Pisa, nacque Galileo Galilei, «Rassegna periodica di informazioni del Comune di Pisa», n. 8, 1965.
Per gli studi su Galileo:
pagg. finali della Biografia in breve di Galileo Galilei di Sara Bonechi.
La figura del celebre scienziato scolpita nel marmo nella statua a lui dedicata e custodita nell'Aula Magna Storica della Sapienza di Pisa.