Logo Stile Pisano

Il Capodanno Pisano





Il Capodanno Pisano


(Le date citate in questa nota possono risultare errate di un anno perché non tutti gli autori indicano lo stile Pisano o lo stile comune)

        Il Capodanno Pisano è una festa religiosa che si celebra il 25 marzo di ogni anno in Cattedrale. In tale giorno il calendario cristiano festeggia l'Annunciazione a Maria Vergine e fin dal Medioevo i Pisani lo scelsero come primo giorno dell'anno. Per cui, l'Annus Pisanus iniziava il 25 marzo e terminava il 24 marzo seguente.

        Al tempo dell'Impero Romano l'inizio dell'anno coincideva con le calende di marzo, vale a dire con il primo giorno del mese. Uno dei consoli eletti per il 153 a.C., Quinto Fulvio Nobiliore, dovendo intervenire rapidamente nella Penisola Iberica, anticipò l’entrata in ufficio alle calende di gennaio, e tale data rimase come inizio dell’anno. Nel 46 a.C. Giulio Cesare, con l’aiuto dell’astronomo Sosigene di Alessandria, stabilì la durata dell’anno in 365 giorni e 6 ore circa ma poiché l’anno non può essere frazionario, ogni quattro anni fu raddoppiato il 24 febbraio, bis sextus ante Kalendas Martias, da cui il termine bisestile.

        Nel periodo del solstizio d’inverno, che all’epoca era il 25 dicembre, si celebrava invece il riallungarsi delle giornate, il trionfo della luce sul buio. Era il periodo dei Saturnalia, le feste dedicate al dio Saturno. La Chiesa trasformò poi questa festa pagana in cristiana, ricordando in quel giorno la nascita di Gesù Cristo.

        Caduta Roma nel 476 d.C. e finite le invasioni barbariche, nel Medioevo nacquero le libere Repubbliche e i liberi Comuni. Così molte città italiane elaborarono diverse unità di pesi e misure, coniarono monete proprie, istituirono proprie leggi e tasse e crearono anche propri calendari, tornando in molti casi a far coincidere l'inizio dell'anno con un evento od una festività primaverile.

        I Pisani, almeno fin dal X secolo, decisero di far coincidere l'inizio dell'anno con l'Annunciazione a Maria Vergine (e quindi l'Incarnazione di Gesù), ossia 9 mesi prima del 25 dicembre. Si ottenne così l'Anno Pisano ab Incarnatione Domini (o Christi, o Dei), in anticipo sul calendario comune. Il 25 marzo diventò il primo giorno del nuovo anno solare, che si sarebbe poi concluso il 24 marzo successivo. Il primo documento datato in stile pisano (abbreviato “s.p.”) risale al 25 maggio del 985.
        Data la prossimità con l'equinozio di primavera, il mese di marzo fu scelto da molte altre città e Paesi per sancire l’inizio dell’anno: dall’Inghilterra alla stessa Roma, dalla Francia alla Russia. Come Pisa, anche Siena e Firenze scelsero il giorno 25, calcolando però un anno di ritardo rispetto alla città alfea.

        Il calendario pisano restò in vigore per secoli anche nelle terre che ricadevano in qualche modo sotto l'influenza della Repubblica di Pisa: la costa fra Portovenere e Civitavecchia, le isole di Gorgona, Capraia, Elba, Pianosa, Corsica, Sardegna, Baleari, le città di Gaeta, Reggio Calabria, Tropea, Lipari, Trapani, Mazara, Azov (presso la Crimea), Costantinopoli e inoltre in Tunisia, Algeria, Egitto, Palestina e Siria.

        Questo calendario durò fino al 20 novembre 1749, giorno in cui il Granduca di Toscana Francesco I di Lorena ordinò che in tutti gli Stati toscani il primo giorno del gennaio seguente avesse inizio l'anno 1750. Quindi lo Stato Pisano, formato grosso modo dalle attuali Province di Pisa e di Livorno (già Porto Pisano), si uniformò all'uso del calendario gregoriano come il resto della Toscana.

        Negli anni '80 del Novecento si tornò a parlare di questa festa alfea ed oggi il Capodanno Pisano è sempre più atteso e festeggiato, con numerose iniziative culturali che precedono e seguono la data del 25 marzo, ed anche conviviali con il tradizionale Cenone di San Romolo del 24 marzo (l'equivalente di San Silvestro...) a base di ricette tipiche pisane nei ristoranti della Città.

        Oggi come ieri l'inizio dell’Anno Pisano è scandito da una sorta di orologio solare: a mezzogiorno di ogni 25 marzo un raggio di sole penetra nel Duomo da uno dei quattro oculi del tamburo della cupola. Nei pennacchi posti a fianco di queste quattro finestrelle rotonde sono dipinti i quattro Evangelisti: la finestrella del Capodanno, che è la più piccola delle quattro, è detta Sammarchina perché nel pennacchio corrispondente appare l'immagine di San Marco, raffigurato in compagnia di un leone. Da qui dunque entra un raggio di sole e va a colpire una mensola a forma di uovo, posta sul pilastro accanto al pergamo di Giovanni Pisano, sul lato opposto. Il nuovo Anno Pisano non comincia sotto i migliori auspici se le nuvole, durante o dopo tale ora, impediscono al sole di entrare in Cattedrale...

        La cerimonia è preceduta da un corteo storico, composto da rappresentanti dell’antica Repubblica Marinara, delle due Parti (Tramontana e Mezzogiorno) divise in Magistrature, di vari gruppi storici, di associazioni ed istituzioni di Pisa e provincia, che si snoda per le vie della Città ed entra in Duomo al suono di tamburi e chiarine. Alla Madonna di Sotto gli Organi, immagine veneratissima da secoli, sono offerti ceri, olio votivo e fiori (la Giunchiglia, ossia il narciso, fiore tipico del periodo, simboleggiante il risveglio della Natura dopo i rigori dell'inverno e quindi benaugurante per il nuovo anno). Si tiene quindi una breve celebrazione religiosa che termina alle 12 esatte quando il Sindaco di Pisa proclama il Nuovo Anno Pisano: “A maggior gloria di Dio, e invocando l'intercessione della Beata Vergine Maria e di San Ranieri nostro Patrono, salutiamo l'anno ... [uno in più rispetto al calendario comune]”.

        La Salve Regina cantata coralmente suggella il momento di preghiera.

        La mensola illuminata dal sole è sorretta da un piccolo uovo di marmo.
        L'uovo è un simbolo di vita, di nascita, di una storia senza fine... come quella di Pisa!




Breve galleria fotografica

  • La Piazza del Duomo, che con i suoi quattro Sacri Marmi rappresenza il cuore religioso di Pisa e costituisce il teatro della Festa.
    Piazza

    La Piazza del Duomo, che con i suoi Sacri Marmi rappresenta il cuore religioso di Pisa e costituisce il teatro della Festa.

  • Il Gonfalone del Comune di Pisa, Croce Pisana bianca in campo rosso, entra in Piazza del Duomo in testa al corteo.
    Gonfalone

    Il Gonfalone del Comune di Pisa, Croce Pisana bianca in campo rosso, entra in Piazza del Duomo in testa al corteo.

  • I Tamburini della Repubblica alfea fanno il loro ingresso in piazza scandendo i tempi di marcia del corteo.
    Tamburini

    I Tamburini della Repubblica alfea fanno il loro ingresso in piazza scandendo i tempi di marcia del corteo.

  • L’ingresso in piazza del Sergente e dei Fanti dell’esercito pisano pronti ad entrare nella Primaziale.
    Fanti

    L’ingresso in piazza del Sergente e dei Fanti dell’esercito pisano pronti ad entrare nella Primaziale.

  • I monturati all’interno della Cattedrale, nei pressi del Pergamo di Giovanni Pisano, attendono l’inizio della cerimonia.
    Corteo

    I monturati all’interno della Cattedrale, nei pressi del Pergamo di Giovanni Pisano, attendono l’inizio della cerimonia.

  • La finestra Sammarchina, da cui entra il famoso raggio di sole, accanto all’immagine di San Marco Evangelista con il leone.
    Sammarchina

    La finestra Sammarchina, da cui entra il famoso raggio di sole, accanto all’immagine di San Marco Evangelista con il leone.

  • La mensola posta sul pilastro del Pergamo, sorretta dall’uovo di marmo, sta per essere raggiunta dal raggio di sole.</p>
    Mensola

    La mensola posta sul pilastro del Pergamo, sorretta dall’uovo di marmo, sta per essere raggiunta dal raggio di sole.

  • Il raggio di sole, entrato dalla Sammarchina, colpisce la mensola sul lato opposto della navata: sarà un anno prospero!
    Raggio

    Il raggio di sole, entrato dalla Sammarchina, colpisce la mensola sul lato opposto della navata: sarà un anno prospero!

  • Particolare della mensola illuminata dal raggio di sole: inizia il nuovo Anno Pisano fra gli applausi del popolo presente.
    Mensola

    Particolare della mensola illuminata dal raggio di sole: inizia il nuovo Anno Pisano fra gli applausi del popolo presente.

  • 25 Marzo 1987 (1988 s.p.): un mazzo di narcisi, simbolo della rinascita primaverile della Natura, é offerto alla Madonna di Sotto gli Organi.
    Narcisi

    25 Marzo 1987 (1988 s.p.): un mazzo di narcisi, simbolo della rinascita primaverile della Natura, é offerto alla Madonna di Sotto gli Organi.

  • Immagini di repertorio del nostro Capodanno Pisano illustrano quella che per la città alfea é una data importante.
    Stile Pisano

    Immagini di repertorio del nostro Capodanno
    Pisano illustrano quella che per la città alfea é una data importante.

  • Immagini di repertorio del nostro Capodanno Pisano illustrano quella che per la città alfea é una data importante.
    Stile Pisano

    Immagini di repertorio del nostro Capodanno
    Pisano illustrano quella che per la città alfea é una data importante.

















































APPROFONDIMENTI STORICI

        Nel Medioevo il raggio di sole attraversava la Finestra Aurea del Duomo e illuminava il pavimento istoriato del presbiterio, simboleggiante la verginità della Madonna divenuta madre per volontà di Dio. Oggi questa finestra è murata ed è visibile all’esterno presso la Porta di San Ranieri: si riconosce per il bassorilievo raffigurante il Porto Pisano. La mensola sorretta dall’uovo di marmo, utilizzata nella cerimonia attuale per l’inizio dell’anno alfeo, fu collocata dove la vediamo oggi solo alla fine dell ’800, precisamente nel 1897).

        La mensola a forma di uovo appartiene ad un restauro ottocentesco e prima dell’entrata in vigore del calendario gregoriano il 15 ottobre 1582, il raggio di sole non avrebbe mai potuto colpire quel punto per la differenza di undici giorni dovuta al calendario giuliano. In esso l’anno risultava più lungo di 11’ 4” rispetto all’anno tropico, ossia alla rivoluzione apparente media del sole, raggiungendo il divario di un giorno nell’arco di circa 128 anni: insieme con la diminuzione costante dell’anno tropico (precessione degli equinozi, 50,37” all’anno) si giunse nel XVI secolo a undici giorni di differenza, tali da indurre il papa Gregorio XIII a promuovere la riforma del calendario che porta il suo nome, cancellando 11 giorni dal mese di ottobre 1582, passando cioè dal 4 al 15 ottobre. Il problema fondamentale riguardava la data della Pasqua, una festa mobile che cade la domenica successiva al plenilunio seguente l’equinozio di primavera, fissato da Giulio Cesare al 25 marzo e dal Concilio di Nicea del 325 al 21 marzo, ma nel corso dei secoli l’equinozio si era spostato all’11 marzo.

        Il calendario gregoriano ha realizzato un compromesso molto soddisfacente fra una precisione essenziale e una semplicità molto desiderata: conserverà un margine d’errore inferiore ad un giorno solare medio per 2417 anni, cioè fino al 4317. Continuano ad essere bisestili gli anni le cui ultime due cifre sono divisibili per quattro mentre sono bisestili solo gli anni secolari perfettamente divisibili per quattro, come il 2000, ma non il 1900. L’equinozio di primavera può cadere il 21, il 20 o anche il 19, più spesso il 20 e tutte le date del calendario si ripetono con un ciclo di 400 anni: il 2019 come il 1619.

        La questione della progressiva regressione dell’equinozio di primavera era nota e dibattuta fin dal concilio di Nicea nel 325. In tale occasione si stabilì che l’equinozio, che dal tempo di Cesare cadeva il 25 marzo, fosse anticipato al 21 marzo per l’imprecisione contenuta nel calendario giuliano, basato su una durata media dell’anno di 365 giorni e 6 ore, dodici minuti più del vero. Roma considerava ancora convenzionalmente che l’equinozio fosse il 25 marzo come nel calendario giuliano perché equinozio e noviluni non erano stabiliti per osservazione astronomica, ma tramite convenzioni e formule approssimate. Ciò che spinse infatti Gregorio XIII a promulgare nel 1582 la sua riforma con l’anticipo dell’equinozio di primavera etc. fu il desiderio di riallinearsi al dettato del Concilio di Nicea, svoltosi quasi quattro secoli dopo Giulio Cesare. Gregorio XIII deliberò quindi di recuperare gli errori accumulatisi dopo il Concilio.

        Nell’emisfero settentrionale l’equinozio di marzo, che cade il 20 o 21 marzo, è l’equinozio di primavera e quello di settembre (22 o 23) è l’equinozio d’autunno; nell’emisfero meridionale questi termini sono invertiti. Per sistemare il calendario giuliano furono usate le misurazioni dell’astronomo Niccolò Copernico, pubblicate nel 1543 (anno della sua morte) sotto il titolo di De Revolutionibus orbium coelestium libri sex (“Sei libri sui movimenti circolari dei corpi celesti”), in cui erano calcolati con notevole accuratezza sia l’anno tropico (ciclo delle stagioni) che l’anno solare (posizione rispetto alle stelle).

        La scelta di considerare il 1° gennaio quale primo giorno dell’anno era stata conseguente all’introduzione del calendario giuliano, ma nel Medioevo le alternative maggiormente usate furono lo stile dell’Incarnazione (o Annunciazione), cioè il 25 marzo, quello della Natività (25 dicembre) e quello della Circoncisione, che corrisponde al 1° gennaio. I cattolici celebravano in tale data la Festa della Circoncisione ma oggi il 1° gennaio festeggiano la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio. La circoncisione di Gesù è un evento narrato dal Vangelo secondo Luca (2,21): otto giorni dopo la sua nascita, secondo la prassi ebraica. L’evento è ricordato dalla Chiesa ortodossa con la corrispondente festa liturgica celebrata il 1° gennaio del calendario giuliano, corrispondente al 14 gennaio del calendario gregoriano.

        Lo stile dell’Incarnazione ha due varianti: lo Stile dell’Incarnazione anticipato (al modo pisano) e lo Stile dell’Incarnazione posticipato (detto al modo senese o lucchese o fiorentino). Il Capodanno era sempre il 25 marzo, data tradizionale del concepimento di Gesù Cristo, ma di due anni diversi. Il primo, usato a Pisa e nel territorio alfeo, anticipava di nove mesi rispetto allo stile moderno (quello oggi utilizzato), iniziando l’anno dal 25 marzo dell’anno precedente. Il secondo, detto sempre ab Incarnatione Domini, usato nel resto della Toscana, (a Firenze, Lucca, Prato e Siena), posticipava di tre mesi la data del Capodanno rispetto allo stile attuale, considerando come Capodanno il 25 marzo dell’anno in corso. Nello stile posticipato l’anno cominciava in ritardo di due mesi e 25 giorni rispetto al computo moderno, a Pisa invece si anticipava di 9 mesi e 7 giorni. Quindi a Lucca, Firenze ecc. il 25 marzo iniziava l’anno, mentre a Pisa terminava.

        Lo stile dell’Incarnazione aveva il vantaggio di restituire il significato originario ai nomi di alcuni mesi: settembre (“settimo mese”), ottobre (“ottavo”), novembre (“nono”) e dicembre (“decimo”), che portano nel nome il riferimento alla numerazione romana, appunto, a partire dal primo marzo. I mesi che invece differivano per la numerazione erano gennaio (da Janus, il dio Giano), febbraio (da Februus, il dio dei morti oppure preferibilmente dalle Februalia, feste di purificazione perché ogni 4 anni, cambiando il numero dei giorni, risanava l’anomalia dei giorni dell’anno), marzo (da Martius, dedicato al dio Marte), aprile (da aperire = aprire cioè il dischiudersi della Natura), maggio da Maja (dedicato a Maia, dea delle messi e della terra), giugno (da Giunone), luglio (da Julius, in onore di Giulio Cesare) e Agosto (da Augustus, in onore dell’imperatore Augusto).

        Il primo documento in cui compare l’uso dell’anno Pisano risale al 25 maggio 985. Si tratta di una pergamena in cui il vescovo pisano Alberico concede alcuni beni in enfiteusi. Da quella data in poi questo particolare tipo di cronologia andò sempre più affermandosi a Pisa fino a diventare una regola, specie a partire dal XII secolo. Ecco due brani relativi a tale documento: "All’Art. Casciano (San) a Settimo fu indicato fra le più antiche memorie di cotesta pieve un contratto enfiteutico scritto nello anno 985, col quale Alberico vescovo di Pisa allivellò ai due figli del March. Oberto conte del Palazzo la metà dei beni e decime spetanti alla pieve di S. Casciano a Settimo situata presso il fiume Arno. Muraroni Antig. M. Aevi, In Excerpta Arch. Archiep. Pis."

        "Alberico vescovo di Pisa diede a titolo di enfiteusi la metà delle possessioni spettanti alla pieve de’ SS. Cassiano e Giovanni presso il fiume Arno, comprese le decime e tributi che dovevano pagare al pievano le ville di Sesto, S. Casciano, Argile, Laiano, Paccianula, Tavola, Casciavola, Scorno, Visignano, Pagnatico, Moscajola, Cesata, Marciana, Ferraiano, Settimo, Barbaiano, Oliveto, Paterno, Sasseto, Aveliano, e Noce." (Emanuele Repetti, Diz. Toscana, voll. V e I).

        Nonostante la definitiva annessione di Pisa al Granducato di Toscana, il Calendario in Stile Pisano continuò ad esistere in città, unica tradizione che legava Pisa al suo glorioso passato. È evidente che avere nello stato granducale due diversi calendari portava numerosi problemi, sia nella vita di tutti i giorni sia soprattutto nei documenti ufficiali del Granducato. Un editto del 20 novembre 1749 (XII KL Decembreis Anno MDCCXXXXVIIII = die duodecimo ante Kalendas Decembres Anno MDCCIVIX) di Francesco Stefano della casata toscana degli Asburgo-Lorena (Imperator Caesar Franciscus Pius Felix Augustus Lotharingiae Barri et Magnus Etruriae Dux), ordinò che dal primo gennaio 1750 (vertente anno MDCCL) tutti i cittadini del Granducato (Tusciae populi) utilizzassero per sempre il computo d’inizio dell’anno solare (kalendae ianuariae = 1° gennaio) secondo il calendario gregoriano (Era Cristiana o Volgare). Francesco I di Lorena, Granduca dal 1737, fece incidere queste norme su apposite lapidi in marmo da fissare in perpetuo in luoghi di ampia visibilità nelle città del Granducato. La lapide destinata a Pisa venne affissa nel palazzo pretorio, dove rimase fino all’ultimo conflitto mondiale, quando l’edificio subì forti danneggiamenti e la lapide fu rimossa ed accantonata nei magazzini del Museo di San Matteo. In occasione dei festeggiamenti di fine millennio effettuati nell’anno 2000, la lapide fu collocata sotto il porticato del Palazzo Pretorio, nello stesso posto in cui si trovava in origine. Ecco il testo della lapide, tradotto in italiano:

        "L’Imperatore Cesare Francesco Pio Felice Augusto, Barone di Lorena e Granduca di Toscana, custode della libertà, consolidatore della pace, garante della concordia, restauratore del suo tempo, essendo i popoli della Toscana soliti a computare da un diverso inizio dell’epoca gli anni dell’umana Redenzione, per chiarire e togliere ogni confusione e per discernere il tempo con una legge, promulgata il 20 novembre 1749, ordinò che fosse adottato il medesimo modo e col favore di tutti, così che non più secondo il costume dell’Impero Romano finora osservato, ma iniziando con il primo giorno di gennaio, che aprirà il nuovo anno a tutti i popoli anche della Toscana nel registrare e calcolare i tempi."

        I Pisani dunque per adeguarsi arretrarono di nove mesi e sette giorni dal loro calendario, operazione che matematicamente rese il 1750 un anno di ventuno mesi e quattordici giorni, ma continuarono e continuano a festeggiare il Capodanno "al Pisano", cioè con lo stile alfeo, il 25 marzo, quando con la sollecitazione della primavera ogni processo naturale di fecondazione è da poco iniziato o inizia.

        Per il Capodanno non si faceva niente. L’Annunciazione, come le altre tre feste della Vergine, era celebrata con una liturgia particolarmente solenne ma senza alcun riferimento all’inizio dell’anno, sì che questo giorno non sembra essere stato percepito come il Capodanno.
        Oggi, ben diversamente dal Medioevo, allorché il giorno cominciava al tramonto del precedente, si fa scandire l’inizio dell’anno pisano con il raggio di sole, come abbiamo detto.

        In Francia, fino al 1564, anno in cui Carlo IX rese obbligatoria la data del primo gennaio, il capodanno si festeggiava il giorno di Pasqua: ciò comportava il disagio aggiuntivo di avere un inizio dell’anno mutevole. A Venezia, fino al suo declino nel 1797, si celebrava il 1° marzo mentre in Puglia ed in Calabria si seguiva lo stile bizantino, quindi il 1° settembre. In Italia, dopo il 1921, il regime fascista tentò di imporre il 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma, ma l’iniziativa ebbe scarso successo. Nel resto del mondo invece sono ancora tante le date utilizzate come inizio dell’anno. Nel calendario lunare islamico il capodanno si festeggia il primo giorno del mese di Muharram e in genere cade 11 giorni prima del capodanno dell’anno precedente. La data quindi è variabile se riportata all’anno gregoriano. Il capodanno ebraico si festeggia tra il 6 settembre e il 5 ottobre, quello etiopico l’11 o 12 settembre. L’inizio dell’anno coincide con l’equinozio di primavera, il 21 marzo, in Iran e in varie regioni del Medio Oriente, dell’Asia, dei Balcani e del Caucaso. Nei calendari cinese e vietnamita il capodanno cade nel giorno della seconda luna piena dopo il solstizio d’inverno, quindi in un giorno compreso tra il 21 gennaio e il 21 febbraio. Il capodanno tibetano cade tra gennaio e marzo. Nel sud est asiatico diversi paesi festeggiano il primo dell’anno tra il 13 e il 15 aprile, mentre gli induisti lo festeggiano nel mese di ottobre o novembre.

        Il recupero storico-religioso della celebrazione del Capodanno alfeo iniziò nel secondo dopoguerra per opera di mons. Luigi Bramanti, canonico della Primaziale, che propose uno studio storico sul tema. Poi per alcuni decenni il Capodanno Pisano tornò nell’oblio, fino all’inizio degli anni ’80, quando il cultore di cose pisane Paolo Gianfaldoni, dopo una serie di accurate ricerche, scrisse due articoli che furono pubblicati sul periodico ecclesiastico “Vita Nova” nel 1982 e sul quotidiano “La Nazione” l’anno seguente. Se il recupero quindi è da ricondurre a Bramanti prima e Gianfaldoni poi, la ripresa e la valorizzazione dell’evento furono opera negli anni seguenti di altri appassionati di pisanità: partendo da un’idea di Francesco Capecchi, si misero all’opera personaggi di spicco della Parte di Mezzogiorno come Umberto Moschini, Giampiero Lucchesi, Pierangelo Matteoni, Sergio Simi e Marco Renieri. Con il contributo determinante di mons. Silvano Burgalassi, che tanto si adoprò per solennizzare l’evento dal punto di vista religioso, si arrivò alla prima celebrazione il 25 marzo 1986, corredata da varie iniziative collaterali di carattere storico-culturale. Nel 1990 la Parte australe affidò l’organizzazione della Festa all’associazione Amici del Gioco del Ponte e negli anni si sono affiancati sempre più sodalizi fino alla costituzione di un Comitato e di una Consulta di associazioni e gruppi storici, che hanno reso la festa sempre più patrimonio di tutta Pisa.



Note e curiosità:

- la festività del Capodanno alfeo cade sempre lo stesso giorno della settimana di quella del patrono di Pisa, San Ranieri, 17 giugno! Così come Natale e il primo gennaio...

- dato il particolare periodo dell’anno, a volte la cerimonia del Capodanno in Cattedrale subisce modifiche. Il 25 marzo può cadere ad esempio di domenica: in questo caso si tratta sempre dell’ultima domenica del mese, che vede il ritorno dell’ora legale, per cui la cerimonia in Duomo si conclude non a mezzogiorno ma alle 13, quindi al termine della quarta messa (ogni domenica mattina in Duomo si celebrano quattro messe: alle 8, 9.30, 11 e 12.15).

Ma non solo: se il 25 marzo è Pasqua (che come sappiamo si celebra nella prima domenica successiva al primo plenilunio di primavera), o Domenica delle Palme, la cerimonia non si tiene: la liturgia è interamente dedicata alla Resurrezione di Gesù, evento che rappresenta la Festa maggiore della Cristianità. Niente cerimonia nemmeno se tale data cade di Venerdì Santo, dato il giorno di lutto.

Vediamo in quali anni (a partire dal 1986, l’anno zero di questa celebrazione) si sono verificate queste coincidenze con gli eventi pasquali:

25 marzo 2005: Venerdì Santo;

25 marzo 2016: Venerdì Santo;

25 marzo 2018: Domenica delle Palme.

Ed ecco un prospetto riassuntivo delle date di Pasqua dal 1950 al 2050:
http://calendario.eugeniosongia.com/datapasqua.htm

Come si vede, il 25 marzo cadrà di Pasqua nel 2035...

Hanno collaborato alla stesura della nota: Federico Bonucci, Ferruccio Bertolini, Renato Mariani, Luca Mariotti e Cristina Martelli, basandosi su studi e testi di Mons. Luigi Bramanti, Paolo Gianfaldoni, Alberto Zampieri, Mons. Silvano Burgalassi e Maria Luisa Ceccarelli Lemut.
Siti di riferimento: associazioneamicidipisa.it, compagniadicalci.it lakinzica.it, festivaldelmedioevo.it.
Testi di riferimento



Articolo di Paolo Gianfaldoni

Articolo di Paolo Gianfaldoni uscito su “La Nazione” nel 1983.